lunedì 4 febbraio 2019

Ugo Binx e la mappa Gjax - Pasquale A. Colurcio

Nella mia vita ho letto tanta, tantissima, letteratura per l'infanzia. Ho cominciato con i lavori di Roald Dahl, di Gianni Rodari, tutta la collana de "Il battello a vapore"; il percorso è continuato con Harry Potter, per terminare, ai miei sudati trent'anni, con Percy Jackson che è una delle mie saghe preferite in assoluto. E sapete una cosa? Non mi stanca mai, perché la letteratura per bambini e ragazzi è quel piccolo ritorno all'infanzia che fa bene concedersi di tanto in tanto; una sorta di "coccola letteraria", che parla al bambino nascosto dentro l'adulto, una macchina del tempo fatta di carta.
Purtroppo, oggi come oggi ho molte difficoltà a trovare dei libri per ragazzi davvero piacevoli. Con l'era dei paranormal romance, il mercato dello young adult si è riempito di carta straccia e i bambini... no, non ho trovato facilmente libri per bambini che potessi considerare davvero belli. O meglio, ne ho trovati, ma non sono stati in grado di farmi ritornare al tempo dell'infanzia, di ricreare quell'atmosfera magica che mi fa dimenticare di "essere un editor". Perfetti, tecnicamente, ma poveri d'anima.
Invece, Ugo Binx e la mappa Gjax ha saputo incantarmi. Mentre leggevo, non ero una stanca persona di trent'anni annoiata dalle tante letture, ma ero di nuovo ai miei sei, sette, nove, undici anni; ho divorato le pagine con la stessa frenesia d'allora ed è questa, forse, la più grande magia che il protagonista e l'autore sono riusciti a fare.

Trama: Ugo Binx è un mago dodicenne dalla vita apparentemente normale. Per decisione dei genitori, un bel giorno è costretto a trasferirsi insieme ai fratelli Tara e Tomas dalle quattro zie a Glhowers, un piccolo villaggio medievale circondato da una grande foresta. Qui, troverà nuovi amici ma si scontrerà anche con nuovi nemici, rendendosi protagonista di misteriosi avvenimenti che faranno di Ugo qualcosa di più di un semplice mago. Età di lettura: da 9 anni.



Recensione: Partiamo da un presupposto necessario: Ugo Biax è stereotipato. Deliziosamente stereotipato, perché non è detto che il restare nei canoni della letteratura fantastica classica sia un difetto; non, perlomeno, quando l'autore riesce a fare di ogni cliché un punto di forza. Abbiamo un protagonista (buono), che viene mandato con i fratelli dalle zie per proteggerlo da un misterioso rapitore di bambini. Entra casualmente in possesso di uno strano ciondolo e, per una serie di eventi e coincidenze, si trova a svelare il mistero principale e scoprire di non essere un semplice mago.
Visto? La trama può sembrare banale, ma c'è molto di più: c'è un mondo, costruito ad arte, che emerge dalle pagine e incanta; ci sono personaggi ben costruiti, né troppo "buoni", né troppo "cattivi", ma normali... persone che potremmo incontrare tutti i giorni e per questo veri, reali... e proprio questo realismo rende il lettore in grado di empatizzare con loro, di capire il loro modo d'agire e di pensare, ogni volta che Ugo combina una marachella - come spaventare i bulli della scuola -: "Lo avrei fatto anche io".
Perché è questa la forza del libro: il farti entrare nei panni degli abitanti di Glhowers, di appassionarti alle loro vicende e trascinarti in un universo incantato, dove magia e tecnologia s'incrociano. In pratica, nel mondo dei bambini, quando la realtà non è ancora così tangibile da distruggere l'immaginazione.
Colurcio non dà lunghe spiegazioni, né indugia sull'autocompiacimento di una buona costruzione del mondo, bensì lascia scivolare le parole come un dolce torrente di montagna, il cui gorgoglio racconta di cavalli di fumo, di piccoli folletti, di fuochi fatui... e tutto privandosi di quel fastidioso tono "accademico" che, molte volte, invade perfino la letteratura per ragazzi. Tutto accade per "caso", ma è un caso voluto, intriso di quotidianità, di semplicità e - perché no - di quel pizzico di magia che ci portava a fissare i fiori per ore, sperando che fossero fate e si tradissero battendo le palpebre.
Tutto, in Ugo Brix, è fatto per incantare. E ci riesce. Ci riesce bene, perché il linguaggio non è mai eccessivo (né troppo semplice, né troppo complesso); il tempo non è mai troppo rapido, o troppo lento: tutto accade nel momento giusto in cui deve accadere e... che dire ancora? Funziona! Funziona sia per i bambini, che per gli adulti.
Personalmente, trovo che scrivere per bambini sia difficile, davvero tanto difficile; ma far piacere un libro per bambini agli adulti è un'impresa e Colurcio ci riesce, perché col suo linguaggio efficace e con la sua fantasia parla a quel bambino che siamo stati e che continua a vivere dentro di noi, soffocato dalle responsabilità.
Quindi fategli un regalo, fatevi un regalo: leggetelo e cominciate a spasimare con me per un seguito, visto che - come s'intuisce dal finale - le avventure di Ugo e dei fratelli Binx non sembrano finire qui.

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